Nato a Foggia nel 1921, vice questore di polizia a Roma nel 1943-44, dopo la seconda guerra mondiale Mauro De Mauro si trasferì a Palermo dove si dedicò al giornalismo e lavorò, rivelandosi un ottimo cronista, per diversi giornali prima di approdare definitivamente a l’Ora. Nel 1962 aveva seguito la tragica fine del presidente dell’Eni, Enrico Mattei, e nel settembre del 1970 si stava nuovamente occupando del caso su incarico del regista Francesco Rosi per il suo film Il caso Mattei, che sarebbe uscito due anni dopo. Mercoledì 16 settembre 1970, alle 21, De Mauro stava per rientrare a casa in via delle Magnolie, in un quartiere residenziale di Palermo. La figlia Franca vide il padre parlare con alcuni uomini, poi risalire sulla sua Bmw e partire. La vettura verrà trovata, di De Mauro nessuna traccia. Anni dopo, alcuni pentiti di mafia diranno che il giornalista fu ucciso per ordine di Cosa Nostra. Il caso non è ancora chiuso: si ritiene, infatti, che l’omicidio sia stato eseguito per bloccare l’inchiesta di De Mauro sulla morte di Mattei, un altro filone punta al golpe ipotizzato dal “principe nero” Junio Valerio Borhese che di De Mauro era stato comandante alla Decima Mas.
(da Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, 2008)
(Aggiornamento di Dario Barà – 3 maggio 2020)
In 50 anni non è stato possibile ritrovare né il suo corpo, né accertare sul piano giudiziario i responsabili della sua scomparsa a Palermo avvenuta il 16 settembre 1970. Il mistero rimane fitto. Le numerose indagini e i processi hanno accertato un ruolo di Cosa nostra ma non sono riusciti ad attribuire la responsabilità al capomafia Totò Riina né ad altri mafiosi. Anche il contesto è stato illuminato, almeno sul piano giornalistico. Fra le diverse piste investigative, quella più battuta riguarda l’inchiesta che il giornalista stava svolgendo sulla tragica morte del presidente dell’ENI Enrico Mattei, precipitato con il suo areo nel 1962. L’altra pista, altrettanto seguita, ma senza successo, porta alle possibili rivelazioni che il giornalista avrebbe potuto fare sul Golpe Borghese che fu tentato due mesi dopo. La storia processuale parla di depistaggi e di prove “manomesse” ed evoca uno scenario nel quale si muovono dietro le quinte criminalità organizzata, poteri occulti, servizi segreti, personaggi equivoci. Queste le tappe.
- 2005 – Si chiude l’inchiesta sul sequestro e l’omicidio del giornalista Mauro De Mauro.
- 2006 – A Palermo ha inizio il processo di primo grado. Unico imputato il boss corleonese Totò Riina.
- 2011 – Nel giugno del 2011 il Tribunale di Palermo assolve Totò Riina, accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista de L’Ora. Secondo il pm dell’epoca, Antonio Ingroia, ciò che portò al sequestro e all’omicidio di De Mauro fu un intreccio di interessi tra la mafia e altre “entità esterne” allo scopo di fermare l’attività di inchiesta del giornalista: massoneria deviata, “ambienti romani”, servizi segreti, apparati investigativi, mondo della finanza. I Pm avevano chiesto la condanna all’ergastolo per Riina. La Corte però, dopo aver sentito diversi collaboratori di giustizia e testimoni, fra i quali Massimo Ciancimino, che affermavano che Mauro De Mauro fu ucciso per ciò che aveva scoperto sull’omicidio del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei, si pronunciò assolvendo Totò Riina perché le prove raccolte erano insufficienti (alcune erano state sottratte o manomesse) e trasmise gli atti al Pubblico Ministero affinché procedesse per falsa testimonianza contro alcuni probabili depistatori. “De Mauro – scrive la Corte – era giunto troppo vicino a scoprire la verità sul sabotaggio dell’aereo (di Enrico Mattei, ndr), ipotesi della quale era stato del resto sempre convinto e che, se provata, avrebbe avuto effetti devastanti per i precari equilibri politici generali in un Paese attanagliato da fermenti eversivi e un quadro politico asfittico, incapace di dare risposte alle esigenze di rinnovamento della società e in alcune sue parti tentato da velleità di svolte autoritarie”.
- 2012 – Nel novembre 2012 la Procura di Palermo presenta Appello contro la sentenza di assoluzione del boss Totò Riina dall’accusa di aver fatto rapire e uccidere il giornalista.
- 2013 – Nell’aprile 2013 ha inizio il processo d’Appello.
- 2014 – Nel gennaio 2014 la Corte d’Appello di Palermo conferma la sentenza assolutoria nei confronti di Riina, unico imputato del processo. Prove contraddittorie, scarsa chiarezza degli elementi raccolti, dichiarazioni dei collaboratori contrastanti sono i motivi dell’assoluzione del boss della mafia siciliana. La Corte nella sentenza scrive però che il coinvolgimento di Cosa nostra nel delitto De Mauro è certo e riconduce l’omicidio al gruppo che faceva capo al boss Stefano Bontate, individuando il probabile movente nella scoperta da parte del giornalista di novità importanti sulla morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei.
- 2015 – Nel giugno 2015, accogliendo la richiesta del Pg, la Cassazione conferma definitivamente per “non aver commesso il fatto” l’assoluzione di Riina per l’omicidio De Mauro. Secondo la Corte l’unica certezza è che sia stata la mafia ad uccidere il giornalista ma rimangono “insuperabili” dubbi “sull’individuazione degli autori della deliberazione omicida” e sulla sua “genesi concreta”.