Laureato in giurisprudenza nel 1947. Nel 1952, Pippo Fava diventò giornalista professionista e cominciò a collaborare con varie testate regionali e nazionali. Nel 1956 venne assunto a Espresso Sera. Oltre alle numerose inchieste giornalistiche, raccolte successivamente nei volumi Processo alla Sicilia (1970) e I Siciliani (1980), negli stessi anni maturò una straordinaria vocazione artistica, letteraria e pittorica. Nel 1966 vinse il Premio Vallecorsi con Cronaca di un Uomo, e nel 1970 il Premio IDI con La Violenza, da cui Florestano Vancini trasse il film di successo Violenza Quinto Potere (1974). Gli anni successivi videro la pubblicazione dei romanzi Gente di rispetto (Bompiani, 1975) da cui Luigi Zampa trasse il film omonimo, Prima che vi uccidano (Bompiani, 1977) e Passione di Michele (Cappelli, 1980) dal quale Werner Schroeter trasse il film Palermo oder Wolfsburg, vincitore dell’Orso d’oro al festival di Berlino del 1980, e delle opere teatrali de Il Proboviro (1972), Bello Bellissimo (1975), Foemina ridens (1980). Opere di grande maturità e complessità che hanno consacrato lo scrittore siciliano come acuto testimone del suo tempo e come profondo studioso ed esperto del fenomeno della mafia siciliana.
Nel decennio 1965-1975 realizzò a Catania e Roma quattro personali degli oli e delle grafiche realizzate in quegli anni.
Nel 1980 – anno in cui il film Palermo or Wolfsburg, da lui sceneggiato, vinse l’Orso d’Oro al Festival di Berlino – Pippo Fava assunse la direzione del Giornale del Sud a Catania. Nel novembre 1982 fondò il mensile I Siciliani e pubblicò inchieste in cui si denunciavano con forza le collusioni tra mafia, politica e imprenditoria. Alle 22 del 5 gennaio 1984, Pippo Fava aveva appena lasciato la redazione del suo giornale e stava andando a prendere la nipote che recitava al teatro Stabile della città etnea. Non ebbe il tempo di scendere dalla macchina: fu freddato da cinque colpi calibro 7.65 alla nuca. Al funerale, solo poche persone tra cui il presidente della regione Santi Nicita. Nel 2003 la Cassazione ha condannato all’ergastolo il boss Nitto Santapaola, mandante del delitto.
(in collaborazione con Fondazione Giuseppe Fava)
(Aggiornamento di Vincenzo Arena – maggio 2020)
- 1994 – Quindici anni dopo l’agguato, Maurizio Avola, collaboratore di giustizia reo confesso, rivela che fu il boss mafioso Benedetto Santapaola ad ordinare l’omicidio di Fava per conto di alcuni “imprenditori catanesi”. Nessuno di essi è stato processato e condannato come mandante dell’omicidio. Sembra che gli articoli di Fava sui rapporti tra mafia e imprenditoria dessero fastidio, in particolare, “ad uno dei cavalieri del lavoro di Catania”.
- 1998 – A conclusione del processo “Orsa Maggiore 3” che si svolge a Catania sono condannati all’ergastolo per l’omicidio di Giuseppe Fava il boss mafioso Nitto Santapaola, quale mandante, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso come organizzatori, e Aldo Ercolano come esecutore, assieme al reo confesso Maurizio Avola.
- 2001 – Le condanne all’ergastolo sono confermate dalla Corte d’appello di Catania per Nitto Santapaola e Aldo Ercolano. Assolti invece Marcello D’Agata e Franco Giammuso.
- 2003 – La sentenza della Corte di Cassazione condanna in via definitiva Nitto Santapaola e Aldo Ercolano all’ergastolo e Maurizio Avola a sette anni patteggiati.
- 2019 – A dicembre l’Autorità giudiziaria dispone la revoca del regime detentivo del “carcere duro” per il boss Aldo Ercolano. Il presidente della Commissione Antimafia della Regione Siciliana, il giornalista Claudio Fava, figlio del giornalista ucciso, esorta il Ministro della giustizia Bonafede ad approfondire le motivazioni della revoca del 41 bis per il boss che, secondo Fava, in base a recenti indagini giudiziarie e alle dichiarazioni di alcuni pentiti, conserverebbe una persistente “capacità di controllo e di comando (…) sugli affiliati del suo gruppo criminale”. “Si ritiene – precisa Fava – che i Santapaola-Ercolano raccolgano oltre la metà di tutti gli affiliati a Cosa Nostra di Catania”.
(Testo di Vincenzo Arena – 3 maggio 2020)
Nel 1980, da direttore del quotidiano Giornale del Sud, Pippo Fava avviò un’esperienza editoriale senza precedenti per l’editoria etnea, caratterizzata dalle inchieste sui legami fra politici, imprenditori locali e criminalità organizzata, un giornalismo irriverente verso i notabili catanesi, chiamati a rispondere di connivenze e delle loro collusioni. La testata ricostruisce il sacco edilizio della città, l’arrembaggio dei mafiosi agli appalti più lucrosi e la rassegnazione degli onesti. Per queste iniziative, il giornalista subisce censure da parte dell’editore, minacce, attentati. Alla fine, viene licenziato e, dopo pochi mesi dalla rottura con Fava, il giornale cessa le pubblicazioni.
Nel 1982 inizia l’avventura editoriale de I Siciliani, un mensile fondato e autofinanziato dallo stesso Pippo Fava che ne fa lo strumento per raccontare senza omissioni e in dettaglio il malaffare della Sicilia più corrotta e compiacente, descritta come una metafora di un mondo in cui queste cose passano sotto silenzio: la devastazione dell’ambiente, la trappola nucleare di Comiso, la sfida della mafia… Temi che aveva già affrontato nella su attività letteraria e che ora trattava con il passo della cronaca e col rigore del giornalista. I Siciliani è un mensile di inchieste a tutto campo: politica, attualità, sport, spettacolo, costume, arte. Nel breve periodo in cui il generale Carlo Alberto Della Chiesa fu nominato Prefetto di Palermo con l’incarico di accentuare la lotta contro Cosa nostra le inchieste de I Siciliani ebbero un forte impatto sulla politica siciliana e sulla lotta alla mafia, accendendo i riflettori sulla mafia catanese fino allora in ombra.