Giornalista pubblicista dal 1958, corrispondente dell’Ora di Palermo e dell’Agenzia Ansa, collaboratore del Corriere della Sera, del Giorno e del Gazzettino di Venezia nel 1960 aveva fondato Prospettive Siciliane.
Aveva 24 anni, era corrispondente del quotidiano L’Ora da Termini Imerese, aveva scritto articoli e inchieste sugli intrecci tra mafia e politica nella zona delle Madonie. Il 3 maggio erano circa le 11 del mattino quando Cosimo Cristina uscì da casa ben vestito, con il solito cravattino, rasato di fresco e profumato. La sera, non vedendolo rincasare, i genitori e le tre sorelle si impensierirono. Cosimo non tornò in famiglia neanche dopo due giorni.
Vane le ricerche dei parenti, degli amici, dei carabinieri. Furono due giorni di cupa, profonda, assoluta disperazione. Il cadavere del giovane cronista fu trovato alle 15,35 del 5 maggio lungo la strada ferrata della linea Palermo-Messina, tra le stazioni di Termini Imerese e Trabia. Il padre, impiegato delle Ferrovie, apprese dalla radio la notizia della presenza di un corpo senza vita sui binari del treno e accorse sul luogo del ritrovamento.
Per anni si seguì la pista del suicidio. Negli anni ’90 il caso venne riaperto, ma non trovò una spiegazione giudiziaria diversa per la sua morte.
(da Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, 2008)
(Aggiornamento di Dario Barà – 3 maggio 2020)
Ci sono voluti quasi 30 anni dalla sua morte frettolosamente archiviata come suicidio, perché si tornasse a parlare del giovane giornalista Cosimo Cristina e della sua attività giornalistica. Un processo di disvelamento e di riscoperta da parte di una cittadina che lo aveva sepolto “senza un funerale” nel 1960. Per la giustizia si trattò di suicidio; per chi ha conosciuto Cosimo Cristina e per chi ha studiato la sua storia fu invece un omicidio, omicidio di mafia.
- Nel 1966, a sei anni di distanza dalla morte di Cosimo Cristina, il Vice Questore di Palermo Angelo Mangano, indagando sulla mafia delle Madonie, raccolse le confessioni e nuovi elementi investigativi in un voluminoso dossier, e fece riaprire l’inchiesta sulla morte del giornalista. La nuova tesi investigativa parlava di omicidio. Il 12 luglio di quell’anno la magistratura ordinò la riesumazione del corpo e l’autopsia sul cadavere di Cristina. L’esito dell’autopsia eseguita presso il cimitero di Termini Imerese dai professori Ideale del Carpio e Marco Stassi confermò la tesi del suicidio ribaltando le risultanze investigative di Mangano. Il 3 ottobre 1966 la storia di Cosimo Cristina fu archiviata definitivamente come suicidio.