Antonio Russo era un cronista freelance con solide esperienze in Algeria, Burundi, Rwanda, Colombia, Ucraina. Dal ‘95 lavorava per Radio Radicale. E per quell’emittente andò in Kosovo dove rimase, unico giornalista occidentale in quella regione durante i bombardamenti della Nato, fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi kosovari.
Antonio Russo è morto la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava come inviato di Radio Radicale per testimoniare la guerra in Cecenia. Aveva 40 anni. Il suo corpo senza vita fu scoperto ai bordi di una strada di campagna a 25 chilometri da Tbilisi, torturato con tecniche riconducibili a reparti militari specializzati. Il materiale che aveva con sé – videocassette, articoli, appunti – non venne ritrovato, anche il suo alloggio a Tbilisi fu trovato svaligiato (senza che fossero stati toccati gli oggetti di valore). Le circostanze della morte non sono mai state chiarite. Ai funerali svoltisi a Francavilla a Mare, sua città natale, la madre ha detto: “La sola cosa che mi consola è che è stata una morte coerente con la sua vita”.
(da Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, Roma, 2008)
(Aggiornamento di Luciana Borsatti – 3 maggio 2020)
Sulla morte di Antonio Russo partono subito due inchieste, una in Georgia e l’altra a Roma, ma le indagini non approderanno a nulla di concreto.
- 2000 – Pochi giorni dopo l’uccisione di Antonio Russo la madre, Beatrice Russo, dice ad una conferenza stampa nella sede di Radio Radicale che il figlio, un paio di settimane prima di morire, le aveva parlato al telefono di una cassetta dal contenuto sconvolgente: ”Parlava di bambini con orrende mutilazioni e ferite su tutto il corpo, cadaveri sfigurati. Antonio diceva che avrebbe denunciato l’operato dei russi alle Nazioni Unite”. Poi, il giorno prima di morire, le aveva detto che sarebbe rientrato in Italia in pochi giorni e che aveva consegnato la cassetta ad una traduttrice”: cassetta che lei e gli amici georgiani di Antonio non sarebbero poi riusciti a rintracciare. Il sospetto di cui si sarebbe continuato a parlare anche negli anni successivi è che, oltre alle violenze, il cronista avrebbe documentato anche l’uso di armi non convenzionali da parte delle forze russe su civili e bambini. L’autopsia svolta in Georgia aveva intanto accertato che Russo era morto con il torace fracassato in conseguenza di un colpo violentissimo inferto con un oggetto contundente. Il 18 ottobre la Procura di Roma aveva aperto un’inchiesta contro ignoti per omicidio affidata al pm Italo Ormanni e alla Polizia di Roma, che si erano messi subito in contatto con la magistratura georgiana tramite gli agenti della Digos. La duplice inchiesta, per la quale si era impegnato anche il presidente georgiano Eduard Shevardnadze, non sarebbe tuttavia servita a far luce su movente e responsabili dell’omicidio, alla ricerca dei quali si era impegnata anche la stampa italiana ed internazionale.
- 2001 – Il 27 novembre emerge che la perizia medico-legale compiuta nell’ambito dell’inchiesta georgiana aveva accertato che Russo era stato ucciso, che l’assassinio era avvenuto in un posto diverso dal luogo del ritrovamento, a 25 chilometri da Tbilisi dove il giornalista aveva preso un alloggio in affitto per farne la base del suo lavoro in Cecenia. Sui suoi vestiti venne ritrovato un grande cerotto, che sarebbe servito a chiudergli la bocca mentre veniva brutalizzato. Di compatibilità tra lesioni e omicidio parla anche il medico legale nominato dal pm romano Vittoria Bonfanti, mentre tutti gli elementi emersi fanno pensare che il cronista era stato ucciso per un motivo legato al materiale video raccolto. Secondo il quotidiano britannico The Observer, Russo era stato assassinato da agenti segreti o militari russi, gli stessi che compivano in Cecenia crimini sui civili, e che poi “lo hanno torturato, ucciso e animalescamente abbandonato sul ciglio di una stradina di campagna”.
- 2003 – Viene creata una struttura investigativa ad hoc presso la Procura Generale della Georgia, la cui operatività verrà però limitata dagli eventi politici interni che condussero nel novembre di quell’anno, in seguito alla “Rivoluzione delle rose”, alle dimissioni del presidente Eduard Shevardnadze.
- 2014 – In ottobre il governo inoltra una richiesta formale alla magistratura georgiana di approfondite indagini sull’assassinio di Russo. A renderlo noto, il 19 novembre, il deputato Gianni Melilla (Sel), dopo aver avuto risposta dal Ministero degli Affari Esteri, di cui è responsabile Emma Bonino, a due interrogazioni sulla vicenda. “In tale quadro – riferisce il Ministero degli Esteri – si iscrive la convocazione a breve di una riunione di coordinamento tra la Procura Generale della Georgia e l’Ambasciata Italiana a Tbilisi”. Lo stesso deputato abruzzese presenta ogni anno interrogazioni al governo, per un totale di cinque fino all’ottobre 2017, “per sapere cosa stia facendo per avere dalle autorità georgiane la verità sull’assassinio del giornalista”.