Alessandro Saša Ota, di famiglia slovena, nasce a Trieste il 15 luglio 1957. Da ragazzo frequenta il liceo scientifico e si accosta alla musica, interesse che condivide con il fratello. Sarà la passione giovanile per le immagini ad accompagnarlo per tutta la vita. La fotografia e le riprese diventano il suo mestiere quando, nel 1979 entra in Rai, presso la sede regionale del Friuli Venezia Giulia. Saša anche fuori dal lavoro legge la realtà con spirito di osservazione e la documenta con grande sensibilità: con un gruppo di amici fonda il “Fotoclub ’80” e le tradizioni popolari diventano uno dei suoi soggetti preferiti. Partecipa anche alla realizzazione di due film. Intorno al 1987 incontra Milenka Rustia, che nel 1990 diventerà sua moglie. Nello stesso anno nasce il figlio Milan.
Saša parla sloveno e serbo-croato e anche per queste sue capacità è il reporter ideale per raccontare con le immagini quello che succede in Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina quando, nel 1990, comincia la dissoluzione della Jugoslavia. Tra le altre cose, nel maggio 1993 è l’unico operatore a riprendere la dichiarazione con cui Milošević annuncia il diniego serbo alla proposta di pace della Comunità internazionale. A gennaio 1994 compie la sua ultima missione a Mostar, con il giornalista Marco Luchetta e il tecnico Dario D’Angelo. A Mostar est sta riprendendo gli occhi tristi di Zlatko, uno dei bambini del rifugio dove la troupe riesce ad entrare. Poi l’esplosione che li uccide. Zlatko sopravvive.
(Aggiornamento di Grazia Pia Attolini, 3 maggio 2020)
Alessandro Saša Ota e i suoi colleghi sono stati vittime di uno degli intensi e quotidiani bombardamenti a cui era sottoposta Mostar est. È questa l’ipotesi più plausibile della loro morte. A seguito dell’attentato viene aperta una inchiesta, subito archiviata.
La presenza di giornalisti e operatori dell’informazione italiani a Mostar Est era nota, avendo essi superato diversi check point per raggiungere Mostar, ma dalle indagini non sono emerse responsabilità precise sull’intenzionalità della loro uccisione da parte delle forze croato-bosniache.