Dalla tesi di laurea di Silvia Petricca (2012) l’analisi del 10 maggio 1978, il giorno dopo la morte del giornalista che sbeffeggiava il boss Tano Badalamenti

(…) Il punto di vista dell’informazione – Ciò che caratterizza la stampa il giorno seguente la morte di Peppino è sicuramente la notizia della morte dell’esponente della Dc, Aldo Moro. È soltanto nel 1994, anno in cui verrà riaperta l’inchiesta per la terza volta, che la stampa inizierà ad interessarsi al caso. Nel 1994 è ormai certa la mano della mafia dietro l’omicidio. Se la storia mafiosa non ci avesse offerto altri omicidi come quelli che hanno seguito la morte di Impastato , la storia sarebbe caduta nel dimenticatoio? Se il film I cento passi non avesse fatto ascoltare la voce della famiglia, permettendo alla vicenda di Peppino di finire sulle pagine dei giornali, seppure nelle pagine dedicate alla cultura, oggi che ricordo si avrebbe di quel giovane siciliano? Sarebbe stato ricordato da Giorgio Napolitano, come vittima di mafia nella “Giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo interno ed internazionale e delle stragi di tale matrice”?

La notizia per molti organi di stampa passò inosservata. A due giorni dalla morte di Peppino Impastato, le indagini di carabinieri e della polizia sono in corso, ma i pochi giornali che hanno esaminato la vicenda hanno già dato tutti la loro versione dei fatti e nessuno, tranne i quotidiani Lotta continuaIl Quotidiano dei lavoratori e L’Ora, ha appoggiato la tesi sostenuta dai compagni e dalla famiglia. In questo contesto si è semplicemente data una lettura alquanto ambigua di quanto accaduto, che lascia intendere soltanto due possibili soluzioni: “attentato terroristico” o “suicidio”.

Per quanto riguarda i quotidiani nazionali, soltanto l’Unità, alla quale un mese dopo si aggiungerà anche l’Espresso, riporterà fedelmente gran parte dei fatti più importanti legati al processo e soprattutto i momenti più salienti riguardanti la lotta della famiglia. Anche se immediatamente dopo la morte di Impastato non assume una posizione netta nei confronti dell’accaduto. Il dubbio che rincorre i giornalisti dei quotidiani locali è lo stesso che si vede tra i giornali nazionali: terrorista o vittima? Il giorno dopo l’accaduto, l’Unità resta in una posizione di equidistanza rispetto alle due tesi. Si limiterà a riportare le dichiarazioni dei carabinieri, dunque la tesi del delitto mafioso resterà sullo sfondo. l’Unità presenta il paese di Cinisi come l’ennesimo paesino siciliano all’interno del quale si è consumato un “giallo” ancora irrisolto. Il 13 maggio, a quattro giorni dall’omicidio, e dopo l’elezione simbolica di Giuseppe a consigliere comunale, il quotidiano comunista inizierà a prendere una posizione chiara. La tesi del suicidio non sembra più convincere i giornalisti. [ … ]

La storia di Giuseppe inizia a cambiare quando anche i giornali nazionali inizieranno a porsi le domande e a indicare nuove versioni sulla vicenda. Il fatto che iniziavano a ricadere su un boss mafioso sospetti circa l’omicidio, dava credito alla tesi per cui amici e parenti si erano battuti fino a quel momento. Non aver riconosciuto l’attività di Peppino contro la mafia, non aver potuto apprendere dalla stampa informazioni sul suo passato, non ha certamente aiutato il lettore a farsi un’idea chiara della vittima. La sua lotta, ma in particolare la sua appartenenza a tale sistema, è stata ignorata. A questa erronea presentazione di Peppino si deve naturalmente aggiungere la vicenda di Aldo Moro. L’uccisione di Peppino è stata inizialmente trattata come una  notizia legata alla “normalità”, un attentato terroristico simile a quelli che avvenivano in quel periodo. Ai quali la gente ormai aveva fatto il callo. Nulla di nuovo, nulla di rilevante, insomma. Soprattutto dovuto dal fatto che a morire era stato il solo attentatore, senza aver fatto vittime innocenti.

l’Unità il 1° novembre dello stesso anno intitolò un articolo: “Indagine Impastato: si parla finalmente di omicidio”. Ciò che più stupisce è l’avverbio “finalmente”. Come se qualcuno, il giornalista o l’intera redazione del quotidiano, attendessero questa notizia. [ … ]

Estratto dal capitolo quattro della tesi di laurea di Silvia Petricca dal titolo: La libertà violata. I giornalisti scomodi: l’esercito degli invisibili– Università degli studi di Roma Tor Vergata – Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione, dell’Informazione e dell’Editoria, cattedra in Deontologia della professione giornalistica – Relatore: Prof. Giuseppe Federico Mennella – Co-relatore: Prof. Alberto Spampinato – Anno accademico: 2012 – 2013

Abstract

“La libertà d’informazione è un principio fondamentale della democrazia. Quando viene disatteso attraverso intimidazioni, violenze o censure, è la libertà stessa delle persone e delle istituzioni a correre seri pericoli.

La parola è il mezzo di comunicazione più antico a disposizione dell’uomo. Lo scambio di opinioni è una forma di democrazia all’interno della comunicazione. Nel momento in cui si proibisce a qualcuno di esprimere le proprie idee si compie un atto che va contro una delle più importanti ed antiche libertà umane: la libertà d’espressione. Nel 2013 appare assurdo che in alcuni Paesi, anche tra i più industrializzati e avanzati come l’Italia. Esista ancora chi tenti di limitare la circolazione di notizie scomode.

Il mio lavoro affonda le radici nella cronaca e nelle testimonianze dei giornalisti  che vivono sulla propria pelle, quotidianamente, il conflittuale rapporto con le realtà mafiose che per dovere – o per passione – professionale si trovano a raccontare. Sono davvero molti, anzi in crescita, i cronisti minacciati  , delle osmosi con il mondo e l’economia legali.

Prendendo atto del panorama mediatico italiano, che viene collocato nel 2013 al sessantunesimo posto nella classifica sulla libertà d’informazione stilata da “Reporters sans frontières”, ci si propone di indagare le cause e le modalità di tale collocamento”.

Indice della tesi

1. I primi segni di libertà di stampa nell’Italia pre-unitaria

1.1. L’Editto sulla stampa del 15 marzo del 1847

1.2. L’Editto del 25 agosto e le nuove misure restrittive

1.3. La nuova ondata di repressione e il comportamento dei giornali

2. Dallo Stato Pontificio al Piemonte

2.1 Il giornalismo sotto il Regno Sabaudo

2.2 L’apertura liberale

2.3 Una libertà ritenuta insufficiente

3. Lo Statuto Albertino

3.1 L’Editto del 26 marzo

3.2 Le conseguenze politiche

4. La fine della libertà di stampa

4.1 I giornali nel pre – fascismo

4.2 Le prime restrizioni del regime

4.3 L’arma legislativa

4.4 Il rimodernamento degli anni 30

4.5 L’ufficio stampa

4.6 Il MinCulPop

5. Il crollo del regime e l’approvazione dell’articolo 21

5.1 L’articolo 21 a confronto con altri ordinamenti

5.2 I limiti costituzionali alla libertà di manifestazione del pensiero

5.2.1 Il limite esplicito del buon costume

5.2.2 I limiti impliciti

5.2.3 La tutela dell’onore e della reputazione

5.2.4 Il limite della riservatezza

5.2.5 La tutela dei “segreti”

Capitolo due: La libertà di stampa nella normativa europea

1. La libertà di stampa come sinonimo di democrazia

2. L’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

2.1 Canoni interpretativi della Corte europea per la valutazione della legittimità dei limiti imposti dagli Stati nazionali

  1. L’articolo 19 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo
  2. L’articolo 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea
  3. Tirando le somme

Capitolo tre: Intimidazioni e denunce: in “caso italiano”

  1. Informazione e pluralismo
  2. L’involuzione della libertà di stampa
  3. La Giornata della memoria dei giornalisti minacciati
  4. Le denunce di Ossigeno per l’informazione
  5. “La mafia tema la parola”
  6. La mafia aggredisce l’informazione
  7. Le cifre inquietanti di Ossigeno
  8. Freedom House
  9. Reporters sans frontières

Capitolo quattro: La vicenda Impastato. Da terrorista a vittima di mafia

  1. Il caso Giuseppe Impastato. Chi era Peppino?
  2. Radio Aut: la trasmissione “Onda Pazza”
  3. La famiglia Impastato: genealogia mafiosa
  4. Felicia Impastato: “La mafia in casa mia”
  5. L’omicidio: 9 maggio 1978
  6. Il processo
  7. Le condanne di Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti
  8. Il ricordo di Giuseppe
  9. La rappresentazione sociale del sistema mafioso
  10. Il punto di vista dell’informazione
  11. Manifestazioni e convegni per ricordare Peppino
  12. Il Centro Siciliano di Documentazione
  13. 13 Il film “I cento passi”
  14. Intervista all’amico Salvo Vitale

Capitolo cinque: L’evoluzione di Cosa Nostra

  1. Situazione siciliana dagli anni 70 agli anni 90
  2. La mafia negli anni 60
  3. Gaetano Badalamenti
  4. L’ascesa dei Corleonesi
  5. Gli anni 70 e i mafiosi imprenditori
  6. Gli anni 80
  7. Gli anni 90
  8. Il “movimento antimafia”

Conclusioni

Bibliografia

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