Marco Luchetta nasce a Trieste il 22 dicembre 1952. Si accosta al giornalismo già da giovanissimo occupandosi di sport per emittenti locali. La sua cifra distintiva è l’ironia. “Ci potete riconoscere di primo acchito. Occhio allucinato, capello ritto, barba non fatta: sembra che ci siamo vestiti mentre ci inseguiva un alano…”: scriveva nel 1979, in una delle sue “Spagine”, la rubrica che teneva sul settimanale di Telequattro.
Comincia a occuparsi di cronaca e nell’89 diventa giornalista professionista. Di lì a poco entra in Rai, nella sede regionale del Friuli-Venezia Giulia. Nel 1991 scoppia la guerra in Juvoslavia e come inviato della Rai racconta cosa accade in quelle terre. Ogni volta che ritorna a casa a chi gli chiede perché accetta missioni rischiose, risponde: “Vado perché non si può far passare tutto sotto silenzio. Bisogna testimoniare, far sapere. Pensate soltanto a quei bambini…”. Nel gennaio 1994 parte per la Bosnia. E’ l’ennesima missione, stavolta insieme al tecnico Dario D’Angelo e all’operatore Alessandro Ota. Il 28 gennaio, prima di tornare a Trieste, vanno a Mostar Est, dove un mese prima avevano provato invano a entrare. Marco Luchetta aveva già fatto delle interviste nella zona Ovest ma per completare il lavoro di documentazione bisognava andare dall’altra parte della città, dove lui e i suoi due colleghi hanno trovato la morte.
(Aggiornamento di Grazia Pia Attolini – 3 maggio 2020)
Luchetta e i suoi colleghi sono stati vittime di uno degli intensi e quotidiani bombardamenti a cui era sottoposta Mostar est. È questa l’ipotesi più plausibile della morte della troupe Rai. A seguito dell’attentato viene aperta una inchiesta ma viene subito archiviata. La presenza di giornalisti e operatori dell’informazione a Mostar est era risaputa, avendo passato diversi check point prima di entrare, ma dalle indagini non sono emerse responsabilità precise sull’intenzionalità della loro uccisione da parte delle forze croato-bosniache.