Originario di Siracusa, fu ucciso a colpi di pistola a Palermo, in viale Campania, sotto casa sua. Era il cronista di nera del quotidiano Il Giornale di Sicilia, ruolo in cui compì un’approfondita ricostruzione delle più complesse vicende di mafia degli anni ‘70 e pubblicò per primo i nomi dei boss corleonesi che cominciavano a scalare le gerarchie di Cosa Nostra per arrivare a Palermo. Muore il 26 gennaio 1979. Perché venne assassinato? Perché, si legge nella motivazione della sentenza della Cassazione che condannò esecutori e mandanti di quel delitto, Mario Francese possedeva “una straordinaria capacità di operare collegamenti tra i fatti di cronaca più significativi, di interpretarli con coraggiosa intelligenza, e di tracciare così una ricostruzione di eccezionale chiarezza e credibilità delle linee evolutive di Cosa Nostra”. Inoltre, scrissero ancora i supremi giudici, con l’eliminazione di quel cronista dalla “schiena dritta” si aprì “la stagione dei delitti eccellenti”. Francese, tra l’altro, intuì e descrisse l’inizio dell’assalto dei corleonesi al vertice di Cosa Nostra. Riferì anche della frattura nella “Commissione mafiosa”.
(da Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, 2008)
(Aggiornamento di Grazia Pia Attolini – 3 maggio 2020)
- 2000 – Per vent’anni la tragica fine di Mario Francese è stata avvolta nel silenzio. L’inchiesta giudiziaria a carico di ignoti è stata presto archiviata. Viene riaperta nel 2000 per richiesta dei familiari. A questo risultato contribuisce in particolare il figlio Giuseppe che, animato dalla stessa passione del padre per la ricerca della verità, si dedica alla meticolosa ricostruzione dell’assassino. Le sue inchieste contribuiscono a fare luce sull’omicidio.
- 2001 – Il processo ai responsabili si svolge con rito abbreviato e si conclude con la condanna a 30 anni di Totò Riina e degli altri componenti della “cupola” mafiosa: Francesco Madonia, Antonino Geraci, Giuseppe Farinella, Michele Greco, Leoluca Bagarella (esecutore materiale) e Giuseppe Calò. Assolto, invece, Giuseppe Madonia, accusato di essere stato il killer insieme a Leoluca Bagarella. Nel processo bis, con rito ordinario, l’altro imputato Bernardo Provenzano è condannato all’ergastolo.
- 2002 – Le sentenza di primo grado viene confermata in appello a dicembre 2002. I giudici sottolineano nuovamente le grandi qualità umane e professionali di Mario Francese e dicono in modo netto che “con la sua morte si apre la stagione dei delitti eccellenti”. E che sia stato il primo a cadere in quella lunga stagione di sangue per i giudici non è un fatto casuale, perché “Mario Francese era un protagonista, se non il principale protagonista, della cronaca giudiziaria e del giornalismo d’inchiesta siciliano. Nei suoi articoli spesso anticipava gli inquirenti nell’individuare nuove piste investigative”. E rappresentava “un pericolo per la mafia emergente, proprio perché capace di svelarne il suo programma criminale, in un tempo ben lontano da quello in cui è stato successivamente possibile, grazie ai collaboratori di giustizia, conoscere la struttura e le regole di Cosa nostra”. Giuseppe Francese non farà in tempo ad ascoltare questa sentenza: si toglie la vita la mattina del 3 settembre, a 36 anni.
- 2003 – L’impianto accusatorio regge in Cassazione, anche se vengono assolti tre boss, Pippo Calò, Antonino Geraci e Giuseppe Farinella “per non avere commesso il fatto”. Ma la sentenza del dicembre 2003 conferma i 30 anni di carcere per Totò Riina. Definitiva la pena a 30 anni anche per Leoluca Bagarella, Raffaele Ganci, Francesco Madonia e Michele Greco, che non avevano ricorso alla Suprema Corte. Nel processo bis confermato in appello l’ergastolo a Bernardo Provenzano.
Francese si occupa di cronaca nera e giudiziaria. Documenta il sacco edilizio di Palermo e osserva da vicino il sistema degli appalti pubblici. Quando Cosa nostra, dopo il terremoto del Belice, approfitta della ricostruzione per fare affari, Francese batte la valle e parla con contadini, pastori e artigiani: apprende così gli intrighi che si nascondono dietro l’espropriazione dei terreni per la costruzione della diga Garcia. Grazie alla sua “straordinaria capacità di fare collegamenti” intuisce l’evoluzione strategica della mafia corleonese. Racconta tutto nelle sue inchieste. È il primo cronista a fare il nome di Totò Riina, a intervistare sua moglie Antonietta Bagarella e a fare i nomi delle imprese collegate al boss, a parlare della frattura nella “commissione mafiosa”.
Una selezione delle inchieste e degli articoli di Mario Francese è disponibile sul sito Mario e Giuseppe Francese.