Personalità poliedrica, quella di Mauro Rostagno. Sociologo, giornalista, attivista politico. Una vita movimentata. Nato e cresciuto a Torino, a soli 19 anni si sposa e ha una figlia, poi lascia la moglie, va in Germania e in Francia, torna in Italia e a Trento si iscrive alla facoltà di sociologia dove – con Marco Boato, Renato Curcio, Mara Cagol e altri – anima il Movimento degli studenti. Nel 1969 è tra i fondatori di Lotta Continua. Negli anni Settanta è un autentico leader antiautoritario. Dopo lo scioglimento di Lotta Continua anima il locale alternativo milanese “Macondo”. Chiuso quest’ultimo va in India e quando torna, nel 1981, fonda vicino a Trapani la comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti. Rostagno lavora anche per l’emittente locale Radio Tele Cine attraverso la quale denuncia con forza le collusioni tra mafia e politica locale. La sera del 26 settembre 1988 Mauro paga con la vita la sua passione sociale e il suo coraggio: viene assassinato in un agguato mafioso in contrada Lenzi, poco distante da Saman, all’interno della sua auto. Aveva 46 anni.
(da Giornata della Memoria dei giornalisti uccisi da mafia e terrorismo, Roma, 2008)
(Aggiornamento di Vincenzo Arena e Alberta Del Bianco – 3 febbraio 2021)
- 2011 – Dopo 22 anni dall’omicidio si apre il processo agli accusati dell’assassinio di Mauro Rostagno: il presunto esecutore Vito Mazzara e il presunto mandante Vincenzo Virga
- 2012 – La DDA di Palermo dà inizio ad inchieste, parallele al dibattimento iniziato nel 2011, per approfondire la pista investigativa verso l’individuazione di ulteriori mandanti dell’omicidio anche “al di fuori dallo stretto ambito esecutivo militare”. Le indagini della DDA tentano di approfondire anche le responsabilità riguardanti i depistaggi e le insufficienze investigative successive all’omicidio Rostagno.
- 2014 – In primo grado, la Corte di Assise di Trapani sancisce che l’omicidio Rostagno è di stampo mafioso e condanna all’ergastolo Vito Mazzara, quale esecutore, e il boss Vincenzo Virga come mandante. La Corte stabilisce che Mauro Rostagno viene assassinato perché, attraverso la sua attività giornalistica, aveva alzato il velo sugli interessi di Cosa Nostra a Trapani a fine anni Ottanta.
- 2019 – Il 18 febbraio la Corte d’Assise d’Appello di Palermo presieduta dal giudice Matteo Frasca, ha riformato la sentenza di primo grado: assolto il killer Vito Mazzara che resta in carcere a scontare altri ergastoli. Condanna confermata, invece, per il boss Vincenzo Virga, quale mandante militare dell’omicidio.
- 2019 – Il 22 febbraio vengono rinviati a giudizio per falsa testimonianza durante il dibattimento di primo grado 13 imputati, fra rappresentanti delle forze dell’ordine e testimoni minori.
- 2020 – Ad ottobre, il gip di Roma Andrea Fanelli, rigettando la richiesta di archiviazione relativa alle indagini sui depistaggi e le insufficienze investigative relative all’omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, ha disposto di acquisire gli atti relativi al fascicolo di indagine sulla morte di Rostagno. La richiesta è stata fatta per verificare eventuali possibili collegamenti tra i due casi.
- 2020 – La sentenza della Corte di Cassazione per il processo Rostagno iniziato in primo grado nel 2011 viene rinviata a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, da marzo a novembre. Il 20 novembre 2020 la Cassazione conferma definitivamente la condanna all’ergastolo del mafioso Vincenzo Virga quale esecutore dell’omicidio.
- 2021 – A gennaio vengono pubblicate le motivazioni della sentenza della Cassazione. Secondo la Corte: “Francesco Messina Denaro disse di aver dato incarico a Vincenzo Virga di eseguire l’omicidio di Mauro Rostagno” e questo “particolare” riferito, tra gli altri, dal collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, “non è per nulla incompatibile con la ricostruzione di come operassero gli organi di vertice di ‘cosa nostra’ nella deliberazione di omicidi eccellenti”. Le motivazioni confermano all’ergastolo il boss Virga accusato di essere il mandante dell’uccisione di Rostagno, su input di Messina Denaro, in un contesto decisionale totalmente mafioso che esclude “piste alternative” o “ripensamenti”.