Giorgos Karaivaz e Peter R. Vries le ultime vittime. Come dovremmo impedire il fenomeno: un passaggio dell’intervento di Ossigeno per l’Informazione durante il ritiro del “Premio della Fondazione Critica Liberale sulla libertà”
di Alberto Spampinato – La malattia che affligge la libertà di informazione continua a diffondersi, si incancrenisce, miete nuove vittime, anche nel cuore d’Europa, come dice l’assassinio di Giorgos Karaivaz, ucciso ad Atene il 9 aprile 2021, come conferma il mortale agguato del 7 luglio 2021 ad Amsterdam in cui è stato ferito Peter R. Vries, deceduto otto giorni dopo.
Questa recentissima e drammatica evoluzione del fenomeno ci ha ricordato il trauma che suscitò, nel 2017, l’assassinio di Daphne Caruana Galizia a Malta, il clima reso ancora più drammatico pochi mesi dopo, nel 2018, dalla barbara eliminazione fisica di Jan Kuciak in Slovacchia. Due omicidi che si sarebbero potuti evitare. Quegli omicidi e quel senso di sconfitta diedero una forte scossa a tutta l’Europa. Le istituzioni europee si mobilitarono, presero importanti impegni, vararono iniziative senza precedenti per prevenire l’assassinio di altri giornalisti nel Vecchio Continente.
Sono trascorsi quasi quattro anni, da allora. Bisogna dire che quel traguardo appare ancora lontano. Lo dicono molti dati. Ed è preoccupante vedere che gli assassinii di un giornalista in Grecia e di un altro in Olanda non suscitano una reazione paragonabile a quello di allora per la morte di Daphne Caruana Galizia e di Jan Kuciak, non sono accolti con la stessa mobilitazione emotiva, politica e informativa, con la stessa indignazione corale.
Anche stavolta le reazioni politiche e sociali ci sono state. Ma sono sotto tono rispetto a quelle di allora. Anche l’impegno per fornire informazioni sulle indagini e sui retroscena di questi attacchi è stato nettamente inferiore. Eppure in questi ultimi tre anni l’Europa abbia messo in campo nuovi centri di osservazione incaricandoli proprio di integrare l’attività dei media su queste vicende, sulle minacce e sulle ritorsioni più gravi contro i giornalisti, sugli allarmi e gli interventi che possono aiutare i giornalisti in pericolo.
Queste reazioni sotto tono fanno una pessima impressione. Fanno pensare che in un certo senso noi europei abbiamo cominciato a rassegnarci, ci stiamo convincendo che è inevitabile subire questi atti di ritorsione estrema contro i giornalisti e dobbiamo limitarci a contrastarli con la retorica.
Spero che sia solo un’impressione, che la realtà sia diversa. Spero che i fatti successivi si incarichino di smentire in modo categorico l’impressione che l’assuefazione abbia guadagnato terreno. Ma non basta sperarlo. Bisogna impegnarsi affinché i fatti smentiscano la brutta impressione. Bisogna mobilitare tutti i difensori della libertà e dello stato di diritto. Bisogna convincere tutti coloro che puntano sulla rassegnazione che questa battaglia si può vincere facendo in ogni paese ciò che necessario ed è possibile fare in ogni paese, applicando le Raccomandazioni delle istituzioni internazionali finora inapplicate. Bisogna aiutare gli increduli a superare la loro incredulità (più o meno sincera) che non ha alcuna ragione di essere.